IL COMMISSARIO REGIONALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  nella  causa  demaniale  n.
 84/1992 vertente tra il comune di Roccaraso in persona del sindaco in
 carica,  contumace,  e  l'E.N.E.L.  -  Ente  nazionale  per l'energia
 elettrica, societa' per azioni  in  persona  del  dott.  ing.  Foseph
 Lecis,  direttore  del Compartimento di Roma e dell'avv. Lucio Franco
 responsabili   dell'area   legale,  quali  procuratori  della  stessa
 societa', domiciliati per la carica in Roma, largo Lamberto Loria  n.
 3,  rappresentati  e  difesi  congiuntamente  e  disgiuntamente dagli
 avvocati Giuseppe di Lisio  e  Fabrizio  Marinelli  ed  elettivamente
 domiciliati  presso lo studio del secondo in l'Aquila, corso Federico
 II  n.  36  come  da  mandato  a  margine  della   copia   notificata
 dell'ordinanza  di  comparizione  delle  parti nonche' Telecom Italia
 quale avente causa dalla S.I.P. - Societa' Italiana  per  l'esercizio
 delle telecomunicazioni S.p.a. - Direzione regionale dell'Abruzzo con
 sede in Pescara in persona del legale rappresentante, rappresentato e
 difeso dall'avv. Marcello Tedeschini D'Annibale, presso il cui studio
 in  l'Aquila,  via Tre Marie n. 2 e elettivamente domiciliato come da
 mandato in calce alla copia notificata dell'ordinanza di comparizione
 delle parti.
   Oggetto: occupazioni di terreni di natura demaniale da  usi  civici
 senza la prescritta, preventiva autorizzazione.
                       Svolgimento del processo
   A  seguito  del  verbale di sopralluogo del funzionario dell'unita'
 operativa usi civici in data 11  agosto  1992,  da  lui  trasmesso  a
 questo Commissariato e delle informative fornite dal Comando stazione
 del  Corpo  forestale  dello  Stato  di Roccaraso, veniva ordinata la
 comparizione in giudizio delle due societa' indicate in  epigrafe  al
 fine  di  sentir dichiarare la natura demaniale civica dei terreni da
 esse  rispettivamente  occupati  senza   la   prescritta   preventiva
 autorizzazione  ex  art.  12  della  legge  n.  1766/1927 in agro del
 suddetto comune con i propri impianti, terreni censiti nel N.T.C. con
 i fogli 6 partt. 22-23-51-65; 5 part. 4; 12 part. 5; 13 partt. 3-4  e
 14  part.  42 che dagli  atti demaniali custoditi nella conservatoria
 del Commissariato risultavano classificati di natura demaniale civica
 universale.
   All'udienza prefissata si costituivano con comparsa di risposta  le
 societa'  evocate  in  giudizio  e  su  istanza  dell'E.N.E.L. veniva
 disposta  una  consulenza  tecnica,  affidandosi  al   C.T.U.   dott.
 Antonello  Liberatore  il  seguente  quesito  "verifichi il C.T.U. le
 effettive occupazioni dei terreni dei quali accertera' la natura,  da
 parte  dell'E.N.E.L.  e  della  S.I.P.  con i manufatti e le relative
 pertinenze limitatamente a quelli compresi nell'atto di  comparizione
 delle  parti,  indicando  anche  l'ampiezza della servitu' di sorvolo
 dell'E.N.E.L.".  In prosieguo veniva rigettata la richiesta, avanzata
 dall'E.N.E.L., di concessione di una autorizzazione precaria  per  la
 realizzazione  di  n.  5  tronchi  di  linea  MT20KV  area ed in cavo
 interrato sempre in agro di Roccaraso, in sostituzione di quella  per
 la   quale   e'  causa  e  si  ordinava  all'E.N.E.L.  di  sospendere
 l'esecuzione dei lavori, giacche' essi  erano  subordinati  all'esito
 del  presente  giudizio ed all'eventuale concessione del mutamento di
 destinazione dei suoli di interesse ex art. 12 anzidetto. Inoltre  le
 convenute   depositavano   copia   dell'istanza   di   mutamento   di
 destinazione  dei  suoli  come  sopra   descritti   e   copia   delle
 deliberazioni  n.  28 del 27 ottobre 1993 e n. 29 di pari data con le
 quali il consiglio comunale  di  Roccaraso  dopo  aver  espletato  la
 procedura  di cui all'art. 6 della legge regionale n. 25/1988, faceva
 proprie le stesse domande  e  richiedeva  dalla  regione  Abruzzo  il
 mutamento  di  destinazione  delle  aree  da sottoporre a servitu' di
 sorvolo  da  parte  dell'E.N.E.L.  in   dipendenza   del   costruendo
 elettrodotto  dalla cabina "Rifugio" alla cabina "Condominio Amicizia
 due" per le superfici individuate nella planimetria allegata e  delle
 aree occupate dalla linea telefonica "Roccaraso Campetto degli Alpini
 - Aremogna" tutte di natura demaniale civica universale.
   Depositata, infine, la relazione peritale, dalla quale emergeva che
 i  terreni  occupati  abusivamente erano in numero superiore a quelli
 indicati nell'atto introduttivo di lite, ammontando la superficie  di
 quelli  interessati  dalla  S.I.P.  a  m.  4.052  e  qulla  dei suoli
 interessati dall'E.N.E.L. a m. 21.417, e che a tutt'oggi i predii  in
 questione  sono di natura demaniale civica, il giudicante dopo alcune
 udienze di mero rinvio in attesa della  concessione  da  parte  della
 Regione dell'autorizzazione ai sensi del ripetuto art. 12 della legge
 16  giugno  1927, n. 1766; 41 regolamento di esecuzione approvato con
 r.d. 26 febbraio 1928, n. 332 e 6 della legge regionale n. 25  del  3
 marzo  1988,  con  ordinanza  fuori  udienza  in data 12 gennaio 1996
 sollecitava il  Dipartimento  agricoltura  e  foreste  della  regione
 Abruzzo   a   far   conoscere  i  provvedimenti  adottati  sulle  due
 deliberazioni consiliari  accennate,  riservandosi,  all'esito  delle
 informative, le necessarie determinazioni.
   Con  fax  in  data  7 agosto 1996 il dipartimento inviava fotocopia
 della missiva del primo stesso mese ed anno con la  quale  comunicava
 al  sindaco  di  Roccaraso  che in dipendenza della pubblicazione nel
 bollettino ufficiale della regione Abruzzo della legge n. 23  del  27
 aprile  1996  riguardante "impianti pubblici o di pubblico interesse"
 la  richiesta  di  concessione  di  terre  civiche  per  servitu'  di
 elettrodotto E.N.E.L. di cui alla deliberazione consiliare n. 28/1993
 non avrebbe avuto alcun seguito.
                        Motivi della decisione
   Ritiene  il  decidente di dover sollevare d'ufficio la questione di
 sospetta  incostituzionalita'  della   legge   regionale   di   sopra
 richiamata  per  contrasto  con  gli  artt.  3, 9, 24, 32 e 117 della
 Costituzione.
   La  questione   e'   rilevante   perche'   se   dovesse   ritenersi
 costituzionalmente  corretta  l'anzidetta  legge  ed  il  sindaco  di
 Roccaraso  rilasciasse  all'E.N.E.L.  ed  alla  Telecom  (ex  S.I.P.)
 l'autorizzazione  di  cui all'art. 1 della legge regionale n. 23/1996
 la presente causa dovrebbe  definirsi  con  la  declaratoria  di  non
 doversi    procedere,    comportando    l'autorizzazione    sindacale
 l'automatico mutamento  di  destinazione  dei  fondi  occupati  dagli
 impianti  dell'E.N.E.L.  e  della  Telecom,  giusta  il  disposto del
 successivo art. 3.
   Ora tale legge contrasta, a parere di questo Commissario, anzitutto
 con il principio  della  ragionevolezza  sancito  dall'art.  3  della
 Costituzione  poiche'  l'art. 1 attribuisce al sindaco poteri che non
 ha, essendo il comune solo amministratore e non proprietario dei beni
 demaniali civici, che si appartengono iure domini, alla collettivita'
 dei naturali del  luogo,  la  quale  nessun  beneficio  ricava  dalla
 occupazione  dei  suoi  domini collettivi, per le ragioni in appresso
 indicate.
   Infatti disponendo che  per  la  realizzazione  delle  reti  e  dei
 relativi  accessori  di  impianti  pubblici  o di pubblico interesse,
 destinati alle telecomunicazini, al trasporto energetico, dell'acqua,
 del gas ed allo smaltimento dei liquami e'  sufficiente  la  semplice
 autorizzazione  da  parte  delle  amministrazioni comunali, ossia del
 sindaco, la quale, nel caso in cui le dette opere dovessero insistere
 su  terreni  di natura civica determina l'immediata utilizzazione dei
 suoli,  senza  la   necessita'   dell'autorizzazione   regionale   al
 preventivo  loro  mutamento  di  destinazione,  la legge regionale n.
 23/1996 si pone in insanabile contrasto con gli art. 9, 11 e 12 della
 legge n. 1766/1927 e 41 del regolamento di esecuzione  approvato  con
 r.d.  26 febbraio 1928, n.  332 e 6 della legge regionale n. 25/1988,
 per cui sussiste anche il contrasto interno con quest'ultimo.  Invero
 risulta  in  modo  chiaro dal sistema di tali leggi e regolamento che
 dopo   il    passaggio    dall'originario    regime    di    assoluta
 indisponibilita', alla nuova disciplina dettata dalla legge del 1927,
 non e' possibile vendere o mutare destinazione di beni civici, se non
 c'e' stata precedente assegnazione a categoria dei beni.
   Per  conseguenza l'atto di assegnazione e' elemento di accertamento
 costitutivo del regime normativo dei beni del demanio civico i quali,
 fino a quando non ne sia stata determinata, con atto  formale  e  nei
 modi  di legge, la categoria di appartenenza, restano assoggettati al
 divieto assoluto di alienabilita'  ed  al  vincolo  di  immutabilita'
 della loro destinazione perpetua al soddisfacimento dei diritti diusi
 civici da parte della collettivita' dei naturali del luogo.
   Cio'  comporta  che qualsiasi provvedimento che autorizzi ventida o
 mutamento di destinazione (decreto ministeriale ed ora a seguito  del
 d.P.R. n. 66/1977 di trasferimento delle competenze ministeriali alle
 regioni,  queste  ultime)  e' nullo e da disapplicare se emesso al di
 fuori  della  fattispecie  legislativa  e  mancante  del   successivo
 presupposto  della  anteriore  assegnazione  a  categoria, in difetto
 della quale i terreni sono da considerare a  norma  del  citato  art.
 12, inalienabili ed assolutamente indispensabili.
   L'art. 3 della legge regionale in parola, invece, non distingue tra
 beni  convenientemente utilizzabili come bosco o pascolo permanente e
 beni utilizzabili per la coltura agraria (art. 11 cat. a e  b)  legge
 n.  1766/1927, disponendo che l'occupazione dei beni demaniali civici
 - a qualunque categoria essi  appartengono  -  per  la  realizzazione
 degli  impianti  pubblici  a  rete,  non  comporta  la necessita' del
 ricorso alla procedura di mutamento di destinazione  ex  art.  12  su
 citato  e  41 regolamento approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332
 con il  pretesto  che  "concreta,  quella  autorizzata,  una  diversa
 esplicazione  del diritto collettivo di godimento dei beni". Premesso
 che ai sensi dell'art. 41 anzidetto, una diversa  destinazione  delle
 terre  di  uso civico e' consentita solo se da essa consegua un reale
 beneficio per la generalita' degli abitanti, il  che'  non  e'  stato
 nella  specie  dimostrato,  giacche' la collettivita' non sempre gode
 dei benefici derivanti  dall'opera,  questa  arrecando  quasi  sempre
 vantaggi  ad  un  solo comune, pur attraversandone molti, non e' dato
 comprendere il significato di tale frase sibillina, anche perche'  e'
 notorio e, come tale, rientra nelle nozioni di comune esperienza, ivi
 compresa quella dei consiglieri regionali abruzzesi, che gli impianti
 in  rete,  in  particolare  i  ripetitori  delal  televisione  e  gli
 elettrodotti producono, se realizzati senza il rispetto  delle  norme
 previste   dalla   vigente   legislazione,  inquinamento  atmosferico
 elettromagnetico con conseguente  danno  alla  salute  dei  cittadini
 della  zona da tali manufatti attraversata, giacche' in particolare i
 cavi ad alta tensione  dell'E.N.E.L.    comportano  un  bombardamento
 continuo  di  energia  elettromagnatica  che  puo' provocare malattie
 cancerogene  quali  la leucemia ed in taluni casi l'astenia sessuale,
 donde la violazione dell'art. 32 della Costituzione.  Gli impianti  a
 rete sono causa anche del deturpamento dell'ambiente e del paesaggio,
 martorizzato dalla presenza indiscriminata di tali opere: ne discende
 la    violazione   dell'art.   9   della   Costituzione.      Inoltre
 l'irrazionalita' si  manifesta  pure  per  il  deteriore  trattamento
 riservato alla proprieta' pubblica, quale e' quella demaniale civica,
 rispetto  a  qualla privata. L'art. 42 della Costituzione dispone che
 la proprieta' privata puo' essere, nei casi preveduti dalla  legge  -
 salvo  indennizzo - espropriata per motivi di interesse generale.  Al
 riguardo la Corte di cassazione, con  giurisprudenza  costante  (cfr.
 da  ultimo,  sentenza 29 marzo 1996, n. 2959) ha stabilito che quando
 si verte in tema di determinazione dell'indennita' di imposizione  di
 servitu'  di elettrodotto ai sensi dell'art. 123 del T.U. n. 75/1933,
 si debbono liquidare i distinti indennizzi dovuti al proprietario del
 fondo servente in  relazione  ai  diversi  pregiudizi  (di  carattere
 economico)  che  egli  puo' subire: precisamente quello inerente alla
 diminuzione di  valore  di  tutto  o  parte  del  fondo  inteso  come
 complessiva  entita' economica; quello riferito all'area assoggettata
 al transito per  il  servizio  delle  condutture  e  quello  riferito
 all'area  sottratta  alla disponibilita' del proprietario medesimo in
 conseguenza di installazioni  fisse  (basamenti,  cabine,  condutture
 sotterranee,  ecc.).  Ove  tali  pregiudizi  risultino  accertati  in
 concreto  l'indennita'   complessivamente   dovuta   va   determinata
 cumulando  gli  indennizzi spettanti per ciascun tipo di pregiudizio.
 Nella specie, invece, nessun indennizzo  e'  dalla  legge  in  parola
 previsto  e,  anche  se  esso fosse previsto implicitamente, la legge
 regionale in questione non dispone che le somme percepite dal  comune
 a  tale titolo siano investite ai sensi degli artt. 24 della legge n.
 1766/1927 e 6 della legge regionale n. 25/1988.
   Con la legge regionale in esame pertanto  la  proprieta',  ossia  i
 demani  comunali  che  sono  pubblici  per  il  difetto di un privato
 titolare e per  l'appartenenza  invece  ad  una  collettivita',  sono
 praticamente   espropriati  rimanendo  acquisita  nella  specie  alle
 societa' E.N.E.L.  e Telecom la proprieta' dei fondi demaniali civici
 occupati dagli impianti - aerei e sotterranei  -  e  loro  pertinenze
 (cabine,  strade  di accesso, ripetitori e simili) senza il pagamento
 di indennita' alcuna o canone come  dispone  l'art.  17  della  legge
 regionale n. 83 del 20 settembre 1988, in favore del comune che quale
 ente   esponenziale  della  collettivita'  dei  naturali  del  luogo,
 rappresenta la collettivita' stessa, titolare dei  diritti  civici  e
 proprietaria  dei  suddetti demani.   Non e' dato ravvisare il motivo
 per il quale siffatta espropriazione senza indennizzo che produce gli
 effetti di  una  vera  e  propria  confisca,  sostituisca  l'asserita
 "diversa  esplicazione  del  diritto  collettivo di godimento di beni
 demaniali civici" posto che la collettivita' non gode piu' del bene o
 almeno nella misura anteriore alla sua pratica espropriazione, e vede
 notevolmente svilito  il  valore  venale  del  bene  medesimo,  senza
 ricevere  alcun corrispettivo come avviene, invece, per la proprieta'
 privata. E' doloroso constatare come la regione, lungi dal tutelare i
 demani di uso civico come da obbligo sancito dall'art. 8 della  legge
 regionale  n.  25/1988  recante  norme  in  materia  di  usi civici e
 gestione di terre civiche, e, quindi, garantirne l'integralita' e  la
 conservazione,  avendo  avuto di mira esclusivamente di locupletare i
 bilanci  di  societa'  e  di  enti  pubblici  economici,  aventi fini
 meramente speculativi e di mero profitto, in danno dei diritti  delle
 collettivita'  dei  naturali  del luogo, senza considerare che i beni
 demaniali civici sono beni che producono reddito sia in caso di  loro
 sdemanializzazione   finalizzata  all'alienazione,  sia  in  caso  di
 temporanea   loro   concessione   dopo   l'avvenuto   mutamento    di
 destinazione.
   Va  al  riguardo  precisato  che l'irrazionalita' discende pure dal
 fatto che i beni  demaniali  civici  sono  inespropriabili,  come  ha
 deciso la Corte costituzionale con sentenza 25 maggio 1957, n. 67 nel
 senso  che  sono  insuscettibili  di  costituire  oggetto  di  potere
 ablatorio sino alla loro sdemanializzazione. La  legge  regionale  da
 qua,  viola,  infine,  gli artt. 117 e 118 della Costituzione i quali
 dispongono che nelle materie elencate dal primo di essi,  quale,  fra
 l'altro,  l'Agricoltura  e  Foreste  e,  quindi, gli usi civici quali
 submateria di essa,  la  regione  a  statuto  ordinario  emana  norme
 legislative  nei limiti dei principi fondamentali fissati dalle leggi
 dello Stato (limite di legittimita'), sempre che' le norme stesse non
 siano in contrasto con l'interesse nazionale e con  quello  di  altre
 regioni  (limite  di merito). Per tale materia spettano alle regioni,
 le funzioni amministrative, salvo quelle di interesse  esclusivamente
 locale.    Siffatta  potesta'  legislativa  della regione e' definita
 dalla dottrina "concorrente o bipartita".  Non  v'e'  dubbio  che  la
 legge in questione abbia violato siffatti principi, giacche', essendo
 palese  il  contrasto  di interessi tra la collettivita' dei naturali
 del luogo, proprietari dei terreni demaniali civici,  e  la  regione,
 quale  ente  esponenziale  incaricato  della  tutela di essi, avrebbe
 dovuto la medesima quanto meno sentire e, quindi, acquisire il parere
 dell'anzidetta collettivita' ed in particolare il  rappresentante  di
 essa  in  analogia  a  quanto dispongono l'art. 75 del regolamento di
 esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766 approvato con r.d.  26
 febbraio  1928, n. 332 e l'art. 78 c.p.c. che stabilendo il principio
 generale  secondo  cui,  in  caso  di  conflitto  di  interesse   tra
 rappresentante   in   giudizio  e  rappresentato,  deve  nominarsi  a
 quest'ultimo un curatore speciale, ha validita' generale e  comprende
 tutte  le  ipotesi di contrasto o conflitto tra un centro autonomo di
 interessi, ancorche' non dotato di personalita' giuridica, ed il  suo
 rappresentante.  In  ogni  caso  vi  e' contrasto con l'art. 24 della
 Costituzione, giacche' la collettivita' e' stata privata del  diritto
 di difendere il proprio demanio civico del quale e' stato espropriato
 senza poter reclamare il diritto al canone come espressamente dispone
 l'art. 17 della legge regionale n. 83 del 20 settembre 1988. La Corte
 costituzionale con la sentenza 10 maggio 1996, n. 156 facendo proprio
 tali  argomentazioni  ha  dichiarato la incostituzionalita' dell'art,
 12, secondo comma, della legge 31 gennaio 1994, n. 97 nella parte  in
 cui  prevede,  nel  caso  di espropriazione per pubblico interesse di
 terreni montani promossa da  una  autorita'  statale,  la  cessazione
 degli usi civici gravanti su di essi, senza che sia sentito il parere
 della  regione  interessata.  Se  tale  principio  vale per i terreni
 privati  soggetti  a  diritti  di  usi   civici   in   favore   della
 collettivita',  a  maggior  ragione  deve  valere per i demani di usi
 civici. E' significativo che il Commissario del Governo, nel suo buon
 senso,  non  abbia  espressamente  vistata  la  legge  in  questione,
 giacche',  come  si  legge  nelle  sue premesse, "il visto si intende
 apposto  per  decorso  del termine di legge". Va al riguardo rilevato
 che  nemmeno  il  tanto  vituperato  regime  fascista  avrebbe  avuto
 l'ardire   di   concepire   una   legge   tanto   devastante,  quanto
 sovvertitrice dei secolari  principi  che  regolano  la  materia  dei
 diritti civici.
   Tutte   tali   argomentazioni   convincono   della   non  manifesta
 infondatezza delle dettote questioni di costituzionalita'  percui  il
 presente  giudizio  va  sospeso  ai sensi dell'art. 23 della legge n.
 87/1953 e gli atti vanno rimessi all'esame della Corte costituzionale
 affinche' si pronunci nel merito. Vanno mantenute  ferme  le  cautele
 imposte  da questo Commissario con la missiva del 3 febbraio 1993, n.
 175/G.